La Città del Teatro presenta in anteprima la programmazione degli spettacoli di PISA DEI TEATRI che si svolgeranno nelle sale di Cascina e di Pontasserchio, in attesa di condividere eventualmente con il Teatro di Pisa la stagione teatrale nel suo complesso.
PISA DEI TEATRI: l’altro teatro
La Città del Teatro è un luogo di memoria e innovazione, un progetto artistico attento ai mutamenti generazionali, ai nuovi bisogni espressivi e ai conflitti sociali.
Attraverso il cartellone degli spettacoli proposti per l’anno 2009 – a vent’anni dall’avvio della nostra esperienza territoriale - continuiamo ad esplorare la tradizione e la creazione contemporanea, cercando di proporre al pubblico stili e tendenze espressive capaci di stimolare emozioni, speranze, dubbi ed idee di mondi migliori.
A Cascina, dopo l’anteprima di cartellone di Sabina Guzzanti, iniziamo l’anno nuovo il 17 gennaio con un altro “eretico” del teatro italiano: un monologo di e con DANIELE LUTTAZZI, dal titolo DECAMERON, versione teatrale del varietà satirico tv di Daniele Luttazzi, liberamente ispirato al capolavoro di Boccaccio che, come recita la locandina “…..è più divertente della Santa Messa….”. Il comico romagnolo raccoglie l’eredità di Boccaccio che fondava una cultura laica, autonoma da quella religiosa e politica, libera da pregiudizi e torna in tv dopo un lungo esilio, per cavalcare ancora la natura eversiva della satira, contro i poteri e le proibizioni autoritarie. “Se voi vi scandalizzate dei toni satirici invece che di Abu Grahib o del napalm a Falluja, la vostra scala di valori è corrotta”: infatti per lo scandalo di alcune battute offensive la trasmissione record di ascolti viene censurata al quinto episodio. Luttazzi restituisce al pubblico la sua spietata analisi della realtà con uno spettacolo comico travolgente: perché ridere rende liberi, anche se in Italia c’è poco da ridere.
Il 30 e 31 gennaio, cambiando radicalmente ottica espressiva, vedremo AMORE della compagnia FANNY & ALEXANDER, parabola sull’arte e l’ispirazione poetica, sulla difficoltà di comunicare e sul valore salvifico della conoscenza. Lo sperimentalismo visivo del duo ravennate si spinge fino all’estrema ricerca linguistica: spettacolo magico, concettuale e multimediale, che unisce la parola rigogliosa svelata nella sua inefficacia, a suoni, ombre, onde elettroniche e flash psichedelici che si accendono nel buio assoluto. Come ne La piccola Apocalisse (1935) di Tommaso Landolfi a cui si ispira, lo spettacolo trascina il pubblico in una scalata sulla torre di Babele, svelando con grande capacità visionaria i paradossi delle cose e degli uomini.
Il 22 febbraio La Città del Teatro, in collaborazione con Non Solo Spettacolo Group, presenta FIORELLA MANNOIA in IL MOVIMENTO DEL DARE. Il concerto presenta, in anteprima nazionale, un album, pieno di sorprese, con molti autori che per la prima volta hanno scritto una canzone per questa straordinaria artista della musica italiana: da Luciano Ligabue che ha firmato il singolo “Io posso dire la mia sugli uomini”, a Franco Battiato - che regala all’interprete il brano che dà il titolo all’album - a Tiziano Ferro, da Lorenzo Jovanotti a Pino Daniele fino a Bungaro. E non potevano mancare tra i grandi nomi Ivano Fossati, l’amico di sempre e Piero Fabrizi, produttore storico e arrangiatore dell’album. Una interprete straordinaria che, come lei stessa dice, è sempre più convinta che nel confronto con gli altri risieda l'essenza del nostro mestiere.
Il 14 marzo NELLE MANI DI UN PAZZO - sottovuoto show , una produzione della Città del Teatro. Un’opera sulla solitudine, sul diritto alla pazzia e sulle tante dimensioni che la realtà talvolta assume nella vita di ciascuno di noi. In una sorta di emittente radio-tv-web, si sopravvive a un presunto day after della nostra civiltà trasmettendo un programma di interviste, notizie e pubblicità. Nel sotto vuoto esistenziale dello show troviamo l’immancabile conduttore stile reality, due veline e un cantante, reduce da battaglie sconosciute. E come in ogni varietà, l’ospite d’eccezione: un redivivo balordo che ingarbuglia ricordi, storie paranormali, guerre, tempi, spazi, e possibilità. Una raccolta di pezzi di vita, di incontri e scontri con l’altro. L’invito è a osservarlo come il celebre quadro di Magritte, in cui piovono uomini in bombetta, ma non si sa se salgono o cadono. La confusione di giudizio può liberare le cose da quel reale che ne mortifica l’espressività. Forse è per questo che esiste un vincolo che lega l’arte alla follia, strana condizione esistenziale che sollecita la presenza di altre vite, di connessioni insolite. Il disturbo mentale svela un senso critico che oltrepassa la ragione: ecco perché - afferma il regista dello spettacolo assieme ad un insolito gruppo d’attori - il diritto alla pazzia è un bisogno universale.
Il 21 marzo torna a Cascina ANGELA FINOCCHIARO - l’attrice milanese dalla comicità stralunata e originale, musa di Maurizio Nichetti e del collettivo teatrale Panna Acida, dagli anni ’80 alterna con sobrietà il teatro con il cinema e la televisione - con BENNEIDE 2 nella scrittura caustica e irresistibile di Stefano Benni e la regia di Cristina Pezzoli. Con la sua innocenza spiritosa Angela Finocchiaro ci conduce in un viaggio tra tipi e storie in cui tutti possiamo riconoscerci (la famiglia che parte per le vacanze intelligenti, il nevrotico tecnodipendente, la catastrofe climatica, e tutti i vizi dell’italiano medio): ridendone, ridiamo di noi. Accanto a lei Daniele Trambusti, musicista che intesse più che una colonna sonora un dialogo musicale surreale che si intreccia continuamente con le parole e le azioni dello spettacolo, con le grottesche contraddizioni della nostra società.
Il 24 marzo ancora graditissimo ospite PIPPO DELBONO con il suo ultimo lavoro LA MENZOGNA, crudo e spietato documento sulle mortI bianche in Italia. Maestro venerato all’estero, in Italia personaggio controverso per certa critica moralista, ma applauditissimo anche dalle platee nazionali, Pippo Delbono riversa la sua rabbia sulla tragedia della ThyssenKrupp, in cui sono morti 7 operai nel dicembre 2007. Il set quasi cinematografico dello spettacolo riproduce il buio della fabbrica di Torino in corso Regina Margherita, in dismissione da mesi, ma con gli operai richiamati a lavorare dopo la cassa integrazione per continuare la produzione di acciaio, finché si può, senza misure di sicurezza, gli estintori scarichi, i turni anche di 12 ore. “Tutta la nostra epoca è una menzogna. Non riusciamo più a cogliere la verità perché in ogni momento cercano di vendercene una specifica”. Una denuncia impregnata di poesia, interpretata da quei non-attori sempre presenti negli spettacoli di Delbono, borderline che vivono l'arte non come mestiere, ma come esperienza fondamentale per la propria sopravvivenza.
Il 17 aprile MARCO PAOLINI e il suo ALBUM D’APRILE (TRA UN CAMPO DI RUGBY E LA PIAZZA). Uno spettacolo sul rugby e sulla politica. Ma soprattutto sulla giovinezza, di un gruppo di ragazzi che avevano fretta di diventare grandi, di fare delle scelte, di assumersi responsabilità. “Ecco cosa accomuna rugby e politica: sono mondi adulti, con regole precise” - dice Paolini - ma che vivono nella contraddizione di un paese che è diventato vecchio senza esser stato adulto, paralizzato in un’eterna giovinezza dalle infinite possibilità, mai intraprese. È da quella giovinezza degli anni ’70 che Paolini avvia il racconto, riallestendo uno spettacolo del ’95, in occasione del Torneo 6 Nazioni di rugby, che lo scorso inverno ha catalizzato inaspettatamente l’attenzione di oltre un milione di spettatori. “Non ho mai giocato a rugby, ma sono cresciuto a Treviso che, con Rovigo e Padova, è una specie di college per questo sport in Italia”. Attratto dalla complessità del gioco della palla ovale, il maestro del Teatro Civile ci regala una performance teatrale e atletica di grande resistenza: lancia, corre, salta, vive gli 80 minuti della partita su tutto il suo corpo. Nicola - alter ego dell’attore e protagonista di tutta la serie degli Album - ci illustra un quadro sfaccettato della brulicante provincia veneta e dell’Italia delle stragi, passando rapidamente dalla comicità alla tragedia, all'indignazione. Insoluto l’interrogativo di fondo: “Chi ga vinto?”
Quest’anno il Teatro Rossini di Pontasserchio ospiterà, in parallelo agli spettacoli programmati a Cascina, le esperienze più significative di teatro contemporaneo.
Si parte con MAMUR di Isabella Ragonese il 23 gennaio, opera finalista del Premio Scenario 2007. Protagonista dell’ultimo film di Virzì, l’attrice palermitana quest’anno ha ricevuto il prestigioso Premio Biraghi, assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani. La sua opera prima, prodotta dalla Città del Teatro, è un lavoro sulla dimenticanza, sulla perdita della memoria, della coscienza, della propria identità, dei sensi. Mamùr è un’invocazione smorzata, un mon amour contratto, un richiamo d’amore affievolito dall’incertezza del ricordo, una sollecitazione sottile che si scambiano due figure strette in uno stanzino vuoto da alberghetto ad ore.
Il 24 gennaio è la volta di Alessandro Benvenuti, affiancato da un quartetto di "rock minimo e acustico", formato dal bassista e produttore Arlo Bigazzi, dal chitarrista Antonio Superpippo Gabellini, dai colori etno-jazz di Vittorio Catalano e dal giovane e bravo percussionista Sergio Odori. Il comico toscano torna ora alla sua prima passione: la musica. Non per un normale concerto, ma per ripercorrere una vita d’artista in tournée: attraverso le parti recitate, ora in forma di monologo, ora nel dialogo con i suoi amici musicisti, Benvenuti nel suo CAPODIAVOLO confessa al pubblico la natura e il prezzo del destino, con la poesia e l’ironia di sempre. Le sue canzoni sono un viaggio nel tempo, raccontano la mutazione dei panorami mentali e fisici che ci circondano, in un esempio di teatro musicale che è anche una ricerca sulla comicità.
Il 20 febbraio vedremo al Teatro Rossini MADE IN ITALY - di BABILONIA TEATRI giovane compagnia vincitrice del premio Scenario 2007. Lo spettacolo affronta in modo ironico, caustico e dissacrante le contraddizioni del nostro tempo. Procede per accumulo. Fotografa, condensa e fagocita quello che ci circonda: i continui messaggi che ci arrivano, il bisogno di catalogare, sistemare, ordinare tutto. Un lavoro dove si infrangono con sagacia e leggerezza tabù e divieti, per rilanciare anche il teatro oltre gli schemi e i conformismi.
Il 27 febbraio ENZO MOSCATO, torna con un libero omaggio a Goldoni, ispirato al suo Moliere del 1751, LE DOGLIANZE DEGLI ATTORI A MASCHERA, prodotto dalla sua compagnia e dalla Biennale Teatro Venezia. Una scrupolosa ma altrettanto fantasiosa rivelazione di uno dei testi goldoniani considerati minori e quindi meno allestiti, “Il Molière” del 1751. Moscato mette a fuoco, dell’antico copione originale, l’intuizione psicologica di cui Goldoni fu capace, dedicando questo “scherzo teatrale” all’amato maestro a cui molto doveva. La vita intima di un celebre autore di teatro del ‘600, indagata da un commediografo famoso del ‘700, è reinterpretata dal più anticonformista tra gli autori del nuovo teatro partenopeo del 2000: un triplo salto mortale per Moscato, che aggiunge alle rime baciate del testo l’ironia e il meticciato linguistico che contraddistinguono la sua drammaturgia. Saltando dal veneziano al napoletano, con qualche francesismo e preziosità latine, “Le doglianze” sono una mascherata meta-teatrale, maliziosa e divertente, condita di specchi doppi e bizzarre incursioni canore, recitata da moderni guitti che interpretano vanitosi attori secenteschi.
Il 10 marzo salirà sul palco del Teatro Rossini, DAVIDE ENIA, grande talento affabulatore che affonda le sue radici ne “lu cuntu” siciliano - la nascita di un nuovo cantastorie, dimostrata dalla sua attenta ricerca sulla memoria, sulla lingua, sulla tradizione del cunto di Palermo - come ebbe a dire la giuria che lo ha premiato con il Premio UBU nel 2003 - divertentissimo e ipnotico nei racconti di Italia-Brasile 3 a 2 e Maggio ’43, anche qui si accompagna al talento musicale di due moderni menestrelli, bravissimi nel fondere musica e parola. I capitoli dell’infanzia sono il primo tassello di un ciclo di storie sulla vita di tre fratelli, Angelino Antonuccio e Asparino, con corollario di zio cieco e madre vedova di mare. Il sole, le strade, le catacombe di Palermo sono gli altri personaggi, tutti vivi nel corpo e nella voce… di un uomo piccolo e frenetico, che quando sale sul palco diventa un gigante, uno e centomila.
Chiude la stagione al Teatro Rossini il 9 maggio il TEATRO DELLA VALDOCA, gruppo cesenate che da quasi 30 anni si caratterizza per la grandiosa poetica visionaria. La compagnia, tra le più interessanti del panorama contemporaneo, presenta NON - splendore rock: un nuovo sodalizio fra poesia e musica. Questa volta la musica è un rock che si impenna fra eccesso e sottigliezza, fra schianti e armonie: la poesia vola con quello, con la voglia di strapparsi via dalla pagina scritta, dalla camera chiusa del pensiero e darsi semplicemente, centrando il cuore di chi ascolta. In scena, Mariangela Gualtieri, scrittrice e poetessa, laureata in architettura e poi fondatrice nel 1983 insieme a Cesare Ronconi del Teatro Valdoca, di cui è drammaturga. Con lei sul palcoscenico i quattro Aidoru - promettente gruppo punk rock romagnolo con componente nipponica, capace di tenere insieme effettistica elettronica e pianoforte - tutti riccamente truccati e travestiti per metà da clown e per metà da animali, con i costumi che segnano i tratti distintivi dell’estetica della Valdoca.
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